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Perché il capezzolo dell’uomo è “accettabile”, mentre quello della donna è bollato come “offensivo” ?

Perché il capezzolo dell’uomo è “accettabile” mentre quello della donna è provocante e bollato come “offensivo” ?

La donne è una specie anatomicamente inferiore, ma così inferiore che va “piallata” ?

Vi concediamo, bontà nostra, di mostrare il sedere decappottabile e uno spicchio di pancetta sciolta, la papilla mammaria, no.

Chi lo dice?

Il fanatico del Corano, l’integralista di Teheran, il bigotto talebano?

Risposte sbagliate.

Ad avanzare un simile, drastico “ritocco” alla femminilità deputata è Instagram.

La top model e attrice Cara Delevingne, con oltre 33 milioni di follower, su “Vogue” si auto-rivolge una domanda: “Se Instagram fosse una persona alla quale tu potessi chiedere qualcosa, cosa chiederesti?”. Risposta: “Chiederei di poter mostrare i capezzoli nelle foto che posto”.

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Il social più gettonato – un miliardo di utenti in tutto il mondo (19 milioni in Italia, dati 2018) – scarica la colpa sulle policy dell’App Store di Apple, che permette il nudo solo nelle app valutate 17+.

Perché la piattaforma possa mantenere il suo rating 12+ sull’App Store e non escludere gli utenti più giovani, deve censurare i capezzoli.

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Ovviamente se sei un uomo, nessun problema, ma se sei una donna, be’, mi dispiace, lo devi coprire.

Non è raro che Instagram rimuova foto scapezzolate e, se recidivi, elimini interi account senza preavviso. Dal momento che quasi totalità è munita dalla natura di almeno due capezzoli, questo tipo di norma non sembra troppo amata.

Anzi: sui social è decollata qualsiasi diavoleria per fregare la capezzolo-fobia digitale.

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E come successe al tempo del proibizionismo americano (tutti ubriachi), si assiste oggi a un delirio di truppe scapezzolate mascherate, pixellate, trasformate in disegni, emoji, sticker o coperte da polpastrelli, fragole, nastro isolante nero messo a croce se siete devoti del fetish.

Assodato da molti autorevoli centro studi anglosassoni che le donne possono arrivare all’orgasmo anche soltanto grazie alla stimolazione dei capezzoli – per l’uomo può essere piacevole ma la sensibilità non è accentuata come quella femminile -, qualche anno fa spuntò addirittura il movimento “Free the nipple” che guadagnò qualche clamore con manifestazioni a tetta sguainata.

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Per aggirare le linee guida dei social e continuare a combattere questa politica discriminatoria e sessista, l’artista Micol Hebron ha invitato gli utenti a incollare un “accettabile” capezzolo maschile sopra gli “inaccettabili” capezzoli femminili. Geniale.

Dalla criminalizzazione del capezzolo alla sparizione del seno, il passo è breve. Una simile, drastica “censura” alla femminilità mammellare, prima di Instagram, è da sempre infatti la fissa di molti “sarti cesarei”.

Le sfilate spesso evocano la coventrizzazione delle ghiandole pericolose, addirittura la “purificazione della materia”.

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Guidata dalla martire di riferimento, Sant’Agata da Catania, cui nel II secolo il crudele imperatore Decio fece mozzare le mammelle, che nella vasta iconografia popolare se ne stanno neglette su un vassoietto, il compianto stilista Karl Lagerfeld, a proposito dei seni fu di una severità chirurgica: “Via, via, il nuovo non sa che farsene di quella cosa lì, infastidisce l’abito, rovina la linea, non è moderno!”.

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E il grande Giorgio Armani perse l’ago e il filo per una donna dotata di un “seno naturale, quasi inesistente… il torace acerbo, verginale”.

Infine, poetico fu il commento dello storico del costume Quirino Conti: “Il seno deve sparire, come le lucciole di Pasolini”. Zac! Zac! Via le tette tattiche, arroganti in alto e straripanti in basso, orrore degli orrori.

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Ammettiamolo: i nostri stilisti hanno qualche buon motivo per storcere l’ago e arrotolare il filo a mo’ di cappio.

Oggi vediamo seni che sono più che seni: bombe prosperose, protesi minacciose, super-mammelle in rodaggio che devono ancora fare il primo tagliando. Il seno piccolo o “medium” è ormai indizio sicuro di gravi turbi psichiche; di certo, nasconde qualcosa di guasto.

L’arroganza contemporanea delle ghiandole mammarie è lo specchio fedele dell’arroganza sessuale di una neo-donna che ha trasformato le proprie tette in un simbolo fallico. Una forza travolgente che condanna gli uomini a una eterna ansia sessuale.

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Voi tirate fuori il vostro fallo? Bene, noi squaderniamo le nostre tette e vi schiacciamo !

Oggi la tetta si vede di più. Si vede di più perché ha diritto di parola. Oggi si interroga il seno in pubblico, ed esso concede interviste.

Oggi il seno pensa! E’ un “Se sapesse le idee che mi frullano per le zinne!” esibito fino al parossismo, che ha ormai travolto i confini canonici dei calendari per barbieri e dilaga per ogni dove.

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Articolo di Roberto D’Agostino per “Vanity Fair”, consultabile su www.dagospia.com tramite il seguente link:

https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/perche-capezzolo-dell-rsquo-uomo-219638.htm

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